Emilia terra di scontri e di battaglie, di scaramucce ed invasioni di eserciti, nel periodo

Emilia terra di scontri e di battaglie, di scaramucce ed invasioni di eserciti, nel periodo

Napoleonico all’alba della Restaurazione.

Il 1815 vede nelle province di Modena, Bologna e Ferrara, nella zona nord al disotto della linea del Po l’esercito AustroEstense affrontare l’esercito Murattiano di Napoli. Napoleone Bonaparte aveva sconvolto l’Europa con innumerevoli guerre e ad arbitrio aveva distrutti Stati antichi creandone di nuovi: caduto Lui andò distrutta la sua opera.

I Coalizzati che per tanti anni avevano lottato contro di Lui, radunati a Vienna nel 1815, mutarono completamente le condizioni e i confini degli Stati a loro arbitrio e a loro esclusivo vantaggio senza ascoltare la voce dei Popoli che furono divisi come armenti.

Ma i Popoli avevano gustato alquanto la libertà sotto Napoleone che pure in mezzo a continui trambusti li aveva sollecitati ed entusiasmati con magiche parole: Libertà e Indipendenza. Anche Gioacchino Murat, cognato di Napoleone e Re di Napoli, sperando di far leva su questo sentimento che si sviluppava tra i ceti più evoluti, mentre declinava rapidamente la gloria del cognato, si mise a capo di un esercito e venne nell’Italia settentrionale: fu nella bassa Modenese passando per i Ronchi e Camposanto e parte di questo esercito si spinse fino a San Possidonio e Concordia giungendo poi a Carpi, sperando che il suo proclama invitante gli Italiani alla Libertà e alla Indipendenza rinnovasse sotto le sue bandiere gli entusiasmi di Napoleone.

Molti forse non sapranno, facendo un passo indietro, che anche il 1814 fu un anno molto cruento soprattutto per le popolazioni delle province di Parma e Piacenza dove si combatté la cosiddetta Battaglia del Taro, nella zona appenninica dell’omonima valle, mentre le province di Reggio e Modena furono usate da retrovie per la logistica degli eserciti. L’epilogo degli scontri avvenne nelle giornate dal 13 al 15 aprile 1814 e la vittoria arrise alla coalizione formata dagli Austro-Britanno-Napoletani contro i Franco-Italici.

Una guerra che mise in ginocchio per parecchio tempo l’economia e le amministrazioni locali, causando purtroppo la perdita di molte vite umane. Al giorno d’oggi la definiremmo una battaglia combattuta per l’onore , cioè più per finalità politiche e di prestigio del Murat nei confronti dei cobelligeranti,che per reali necessità. La campagna del 1814 vede il Murat coalizzato con gli Austriaci mentre nel 1815 è avversario delle forze Imperiali.

Come si diceva precedentemente, durante la campagna di Murat contro gli Austriaci nel 1815, l’esercito Napoletano dopo il proclama di Rimini del 30 marzo si spinse attraverso le province di Bologna e Ferrara verso l’Emilia centrale respingendo gli Austriaci. Ai primi di aprile i reparti Napoletani erano dislocati lungo la linea Occhiobello-Bondeno-Finale-Camposanto-Carpi-Modena-Reggio.

Di fronte a loro erano dislocati gli Austriaci che aspettavano rinforzi. Come si può ben osservare una linea di fronte lunga parecchie decine di chilometri che andava dal Po alla via Emilia. Il 4 aprile Modena fu occupata nonostante la resistenza delle truppe austriache e dalle neo ricostituite truppe Estensi nella battaglia del Panaro in località Ponte S. Ambrogio, sbaragliata dai Lancieri Napoletani comandati dal generale Filangeri principe di Staiano aiutante di campo di Murat che, crivellato dai colpi, rimase ferito e restò sul terreno quasi in fin di vita. Verso mezzogiorno del 6 aprile le avanguardie dei Lancieri Napoletani entrarono in Carpi, mentre una Brigata di oltre 3.000 uomini comandata dal generale Guglielmo Pepe facente parte della 1° Divisione del generale Carrascosa vi giunse sul finire del giorno del 7 aprile.

La ripresa delle operazioni offensive da parte degli Austriaci coadiuvati dagli Estensi iniziò il 10 aprile con l’attacco di Carpi da parte del generale Starhemberg con la sua Brigata di quasi 4.000 uomini inserita nella Divisone del generale Nugent ed appoggiata da altri 2000 uomini circa costituita da Ussari Ungheresi del Radetzky Husaren n. 5 ed Artiglieri Austriaci della 6 Pfunder Brigade Batterie con una Batteria di cannoni da 6 libbre al seguito del generale Starhemberg. Dopo svariate ore di combattimenti l’esercito Napoletano asserragliatosi entro le mura della cittadina emiliana, dopo intenso bombardamento, si arrese. Il generale Pepe con il grosso dei suoi reparti riuscì però a fuggire in direzione di Modena. Dal giorno 11 di aprile la città di Carpi fu così liberata dalle truppe invasori di Murat. Dopo questo avvenimento l’esercito fuggiasco decise di convergere in direzione del Secchia e ritirarsi al di qua del fiume. Per coprire l’azione di Carpi e per impegnare le forze Napoletane altrove il tenente colonnello Neumann ricevette quel giorno l’ordine del generale Nugent di partire da Concordia ove si trovava e di fare una ricognizione offensiva verso Finale e Camposanto tentando di respingere la Brigata comandata dal generale Pepe oltre il Panaro. Poco tempo dopo il generale Lechi che si trovava tra Bondeno e Finale con una divisione ricevette l’ordine di Murat di avanzare a sua volta su Concordia per impegnare gli Austriaci e tenerli al di là del Secchia. Lechi prese con sé la Brigata del generale Carafa con circa 4 battaglioni di fanteria, uno squadrone di cavalleria e una mezza batteria di artiglieria e da Finale si mise in marcia.

Neumann aveva al suo comando 8 compagnie di fanteria e 2 plotoni di cavalleria a cui si aggiunse un Battaglione di fanteria di Linea Estense comandato dal Tenente Colonnello Giuseppe Stanzani, che si mise a disposizione, raggiungendo poi ed affiancando, le unità Austriache nelle vicinanze di San Possidonio proveniente da Carpi. Tutti insieme avanzarono cautamente facendosi precedere e fiancheggiare nella loro marcia da pattuglie di cavalleria e cacciatori in direzione di Mirandola.

Giuntovi il Neumann lasciò un corpo di guardia in loco e prosegui verso Finale.

Nel frattempo il Lechi , avendo avuto probabilmente sentore dell’esistenza della colonna nemica divise le sue forze mandando un battaglione, mezzo squadrone e un cannone verso Mirandola sulla strada Mirandola - Finale mentre il grosso avanzò da sud da San Felice. Analogamente il tenente colonnello Neumann inviò in direzione di Massa Finalese 2 compagnie di fanteria e 1 plotone di cavalleria per tastare il polso ai Napoletani, mentre la parte più consistente della colonna deviò in direzione Cavezzo - Camposanto innescando una manovra a semicerchio tentando di raggiungere Finale da sud. Giunti a qualche chilometro da Camposanto le avanguardie di Neumann scorgono le retrovie della Brigata del generale Pepe o meglio di quello che restava della Brigata ritiratosi da Carpi, fiancheggiare l’argine del Panaro per raggiungere Finale e rientrare in linea.

Vistosi quasi raggiunto il generale Pepe ingaggia una violenta sparatoria di copertura per dar modo ai suoi di attraversare il fiume e potersi difendere protetti da un riparo naturale come le arginature.

Il Neumann e lo Stanzani spronano i loro soldati a non mollare ed inseguire i fuggitivi, attuando a loro volta una manovra di attraversamento grazie ad un diversivo creato ad arte che sfrutta un ampia ansa del fiume che permette più a sud di attraversare senza essere visti. Oltre Panaro la formazione Austro-Estense avanza compatta marciando a ridosso dell’argine per qualche chilometro fino a quando una pattuglia di cavalleria avverte che il nemico è schierato di fronte.

Il Neumann con 4 compagnie di fanteria ed 1 plotone di cavalleria decide di attaccare al centro mentre lo Stanzani con il Battaglione Estense e 2 compagnie di fanteria Austriaca si porta sull’ala destra dello schieramento allargando in questo modo lo schieramento delle forze in campo di alcuni chilometri dall’argine del Panaro fino alla località di Stuffione, evitando in tale modo la possibilità di un eventuale aggiramento. Il Neumann fa avanzare la cavalleria mentre la fanteria di linea si comincia a muovere lentamente, il generale Pepe con mezza Brigata risponde al fuoco degli Austro-Estensi, ma contemporaneamente comincia un azione di arretramento per evitare di essere chiuso.

Lo Stanzani da parte sua fa riparare le sue truppe dietro l’abitato di Stuffione visto la grande capacità di fuoco che proviene dal fronte opposto. Alcuni reparti di fanteria Napoletana si sono disposti e schierati in località Ronchi e protetti da una fitta boscaglia e da una imponente costruzione quattrocentesca il cosiddetto Castello dei Rochi inviano un fuoco copioso verso la fanteria AustroEstense. Nasce un violento combattimento che si sviluppa e si protrae per oltre un ora, poi prima i cacciatori e poi i fanti di linea riescono ad avvicinarsi lentamente e protetti a loro volta dalla vegetazione arborea hanno la meglio sui reparti Napoletani che nel frattempo si erano asserragliati e si difendevano dalle finestre della villa, dietro le mura e dalle torri. Si intuisce che il loro comandante ad un certo punto da l’ordine di ritirarsi prima di essere sopraffatti e questi abbandonano in tutta fretta il complesso fortificato e cercano di ricongiungersi il prima possibile alle altre compagnie della Brigata Pepe che nel frattempo si stavano portando verso la direttiva Bondeno-Occhiobello. Le compagnie del Neumann inviate a Massa Finalese resesi conto della forza preponderante e vistosi quasi accerchiate si erano ritirate combattendo e resistendo sino a San Martino in Spino e poi ripiegando su Revere e facendosi traghettare ad Ostiglia dove si arrestarono. Il Lechi ed il Carafa oltre Panaro erano riusciti ad avanzare fino a Concordia ma ricevuto un ordine di Murat si riportarono sulle posizioni iniziali. Eravamo sul finire del giorno e lo Stanzani raggiunto poi dal Neumann decisero di accamparsi e sostare ai Ronchi dove parte degli ufficiali e dei soldati decisero di utilizzare la villa come ricovero per la notte. Era stata una giornata positiva che aveva permesso agli AustroEstensi di ricacciare indietro i Napoletani e di attestarsi al Castello dei Ronchi che sorge tra il limitare del confine Ducale Modenese e le antiche Legazioni Pontificie. Lo scontro dei Ronchi del 12 aprile 1815 sarà da ricordare fra tutti gli avvenimenti che portarono poi alla ricacciata dei reparti Napoletani dall’Emilia prima e poi inseguiti dagli Austriaci unitamente agli Estensi alla battaglia di Tolentino avvenuta ai primi di maggio del 1815 e alla sconfitta di Murat e del suo esercito.

Il Castello dei Ronchi dove è avvenuto lo scontro è una antica villa di campagna con torre centrale fiancheggiata da porticati laterali muro di cinta frontale con a lato due torrioni. E’ appartenuta ai Conti Caprara nobili di origini bolognesi che nel 1608 ricevono da Cesare d’Este primo duca di Modena la concessione della contea di Pantano nell’appennino reggiano.

Esiste nella villa una stanza delle aquile estensi dove in un affresco si intravedono i leoni simbolo araldico della famiglia Caprara nell’atto di rendere omaggio all’aquila estense.

Fra i discendenti di questa famiglia abbiamo Enea Silvio Caprara Feldmaresciallo austriaco figlio del senatore Niccolò Caprara Conte di Pantano.